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sabato 5 marzo 2016

Downlouders – Arca

#PER CHI AMA: Psichedelia/Kraut Rock/Post Rock
Vede finalmente la luce il nuovo lavoro del collettivo varesino, nato nel 2009 come “laboratorio di ricerca basato sull’improvvisazione e la sperimentazione”, ed è, tanto vale dirlo subito, un disco bellissimo. I Downlouders sono un gruppo piú o meno aperto, che ha visto negli anni avvicendarsi diversi elementi accanto ad un nucleo stabile di musicisti provenienti da alcune delle migliori realtà della scena indipendente di Varese (tra gli altri Encode, Mr. Henry, Belize) e si sono fatti conoscere negli anni grazie ai loro “istant concerts”, session estemporanee e mai uguali a loro stesse, oltre che una serie di album tematici davvero interessanti. 'Arca' nasce e si compie in una settimana di registrazioni libere effettuate dai musicisti (per quest’occasione ben nove!) in un casolare sulle colline piemontesi, per poi essere mixato e masterizzato dalle sapienti mani di Andrea Cajelli ed Enrico Mangione (rispettivamente batterista e chitarrista, nonchè un sacco di altre cose, del gruppo) presso lo studio La Sauna, già menzionato su queste pagine per l’ottimo 'Magnifier' dei Giöbia. Il concept che sta dietro al disco e che ha ispirato le registrazioni, gira attorno ad uno dei più classici temi della psichedelia space rock, ovvero la fuga dalla terra a bordo di una nave spaziale alla ricerca di nuovi mondi da abitare. Solo che qui l’astronave, l’arca del titolo, è il capodoglio biomeccanico che fa bella mostra di sè nelle splendide illustrazioni dell’artwork curato da Andrea Tomassini (in arte Tsuna, anche valente cantautore). Il viaggio musicale che accompagna la spedizione trova la sua ispirazione tanto nella psichedelia dei Pink Floyd (quelli a cavallo fra 'A Saucerful of Secrets' e 'Meddle'), quanto nel kraut rock più spaziale degli Amon Düül II, filtrandoli peró attraverso le lenti della contamporaneità di un certo post rock, con una sensibilità simile (seppur meno sovversiva) a quella con cui i Flaming Lips hanno rivisitato 'The Dark Side of the Moon'. I 50 minuti che separano la partenza drammatica e grave di “Bake Kujira” dall’estasi finale di “Spermaceti”, meraviglioso crescendo in cui un piano elettrico arriva a sfiorare territori Jarrettiani, raccontano di un’avventura di cui non vorrete perdervi nemmeno un passaggio. Si passa attraverso la splendida “Moto Perpetuo”, in cui i Pink Floyd vanno a bagnarsi nel Bosforo e incontrano i Mogwai in viaggio sulla via della seta, alle chitarre twang da deserto spaziale di “Uno”, dai synth di “FTL” che ricordano i primi Tangerine Dream alle visioni apocalittiche in chiave Godspeed You! Black Emperor di 'Deriva'. Quando poi la chitarra acustica sul finale di “Velocità di Crociera” ti provoca un brivido lungo la schiena, capisci che ormai il viaggio non ha piú ostacoli e che il posto che hai raggiunto lo puoi chiamare casa. La cura maniacale rivolta alla timbrica degli strumenti, il trasporto con cui la musica nasce e si modella come materia viva tra le mani, le menti e le anime dei musicisti, sembra quasi stabilire un contatto con l’enorme nave-capodoglio, di cui giurereste di sentire il canto in sottofondo e vederne, con la coda dell’occhio, l’ombra fluttuare inafferrabile e leggera dietro di voi. Se 'S.P.A.C.E.' dei Calibro 35 è la colonna sonora di un western di Sergio Leone ambientato su un altro pianeta, allora 'Arca' è quella del viaggio leggendario della carovana che quel pianeta l’ha raggiunto per primo. (Mauro Catena)

(Lizard Records - 2015)
Voto: 85

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